“Padovani ha colto quell’aspetto più segreto di Chopin che nasce dalla classicità, dal suo amore per Bach e per Mozart…” (Giampaolo Minardi)

“Padovani ha rispettato quel mistero che rappresentato dalle Mazurche, conferendo loro una connotazione di modernità, con un suono oggettivo/contemplativo, proprio partendo da quell’affascinante enigmaticità che le avvolge” (Andrea Bedetti, CD Classico)

“Nell’affrontare questo repertorio Padovani dimostra una sicura padronanza della scrittura, sfoderando per di più un suono di notevole delicatezza e morbidezza, globalmente finalizzato ad evidenziare al massimo il lirismo dell’autore, anche nei momenti più inquieti, febbrili e tormentati” (Claudio Bolzan, Rivista “Musica”)

“His rendition of the 3rd Sonata of Chopin is quite exceptional. He opts for a relaxed unhurried performance allowing the music to breathe and expand underlying its lyricism without becoming over sentimental, a risk inherent in much of Chopin’s music. His playing is well controlled, “classical” revealing an exceptional technique and intelligence. He not only understands Chopin’s music in depth but with his meticulous attention to details he gives justice to the music.
I especially enjoyed the Polonaise, one of my favorite pieces in the cd, its melancholy and also tragic mood is highlighted by an exceptional performance.
I thoroughly enjoyed Enrico Padovani’s cd , and i sincerely hope that he will go on to make a lot more , for he is a gifted and cultured artist who merits a great career” (Alexios Spanides, Operattika)

“Sin dalle prime battute della prima traccia sfidiamo l’ascoltatore più sprovveduto a rendersi conto che sta ascoltando due esecutori. Merito senza dubbio degli interpreti, l’ottimo duo Padovani – Mauro, la perizia e la cura della loro interpretazione consentono infatti, come sempre quando si ascolta Mozart, di rimanere prima stupiti e poi profondamente appagati” (Piero Barbareschi, GothicNetwork).

“Nelle esecuzioni mozartiane del duo Padovani – Mauro la spigliatezza del discorrere si alterna a momenti più riflessivi, la freschezza melodica non si esaurisce nella pura “galanterie” ma agisce come stimolo ad un gioco avventuroso che si inoltra a volte nelle penombre contrappuntistiche per poi svelare quel sorriso toccato da un’ineffabile melanconia, come aveva intuito la grande scrittrice Ingeborg Bachmann nel definire la sua musica come la perfetta variazione sul tema del mondo” (Giampaolo Minardi, Gazzetta di Parma).

“Per sapere rendere queste pagine i due interpreti devono essere oltremodo affiatati, oserei dire anche non solo in senso professionale, ma esistenziale. Come avviene appunto per il duo in questione che lo è nella vita oltre che nel lavoro. Ed è indubbio che Enrico Padovani ed Alessandra Mauro immettano in queste pagine così drammaticamente commoventi un impianto squisitamente “teatrale” di questa musica, per la quale offre per l’appunto il meglio e come tale dev’essere resa, nel gioco degli scambi e degli effetti timbrici dati dal registro medio-basso e da quello medio-alto, esaltando quel mirabile impasto di pesi e contrappesi su cui si regge l’eloquio e la dimensione melodica mozartiani. Ascoltando queste pagine, quindi, per come sono state rese dal duo in questione, si ride e si piange. Come se fossimo in teatro” (Andrea Bedetti, MusicVoice).

Alessandra Mauro ed Enrico Padovani affrontano queste pagine, cronologicamente piuttosto compatte ma formalmente variegate, con la sicurezza e l’accortezza che caratterizza il loro stile interpretativo, grazie al quale i due pianisti, sempre alla ricerca del “bel suono”, riescono a comporre un quadro coerente e particolarmente intenso. Interpretare Mozart è sempre un compito difficile, giacché alla chiarezza dell’idea musicale vanno affiancate scelte interpretative che rischiano di far scivolare l’esecuzione nell’affollata prateria del “già detto” e del “già ascoltato”. Il più che collaudato duo Mauro-Padovani riesce abilmente e con esperienza a evitare questi rischi, muovendosi tra libertà e rigore, penetrando la partitura con attenzione e profonda sensibilità, percorrendo un’interessante via intermedia che si pone a metà strada tra una rigida lettura filologica e un approccio eccessivamente romantico-sentimentale (Giacomo Fronzi)